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Dalla tela, al disegno, dall’imprimitura al colore: le tecniche di pittura dei dipinti antichi

Siete in possesso di un dipinto antico, acquistato nel passato in qualche bottega di antiquariato o ricevuto in eredità da parte di un parente, e vi piacerebbe sapere quanto vale? Per orientarsi al meglio nel difficile e pieno di insidie mercato dell’arte, e avere un’idea sul valore di un dipinto antico, è utile saper riconoscere con quale tecnica pittorica è stato realizzato, per poterne fare una valutazione approssimativa e capire se siamo in possesso di qualcosa di prezioso o piuttosto di una cianfrusaglia.

Infatti, come il mercato dell’arte ci insegna, non soltanto gli aspetti oggettivi come l’epoca, l’autore e la possibile attribuzione ad una scuola o bottega contribuiscono a decretare il valore di un’opera d’arte; anche altri fattori, come la tecnica di realizzazione e lo stato con cui si presenta a voi, possono concorrere nel determinare la qualità totale di un dipinto.
Ogni dipinto è un universo a sé stante.

Vediamo come possiamo orientarci nel labirintico mondo dell’antiquariato e dell’arte antica, per imparare a valutare i quadri antichi.

 

Dipinti olio su tela

Tra i primissimi indicatori della datazione di un dipinto c’è senz’altro la tela. Sebbene non costituisca una prova assoluta, la tela può rivelare molto di un dipinto, poiché le tecniche di realizzazione variano molto da epoca ad epoca e da paese a paese. Nel Cinquecento e nei Seicento, ad esempio, veniva utilizzata la canapa oppure il lino per realizzare la tela, che veniva poi incollata o cucita alla tavola di legno; le tele allora erano di grandi dimensioni e presentavano chiare irregolarità nella trama. Si trattava di pezzi tanto pesanti quanto ingombranti, difficili da trasportare a causa della loro mole.

A partire dal secolo successivo inizierà a comparire la cornice e l’utilizzo della tela inserita all’interno del telaio cominciò ben presto ad essere preferito all’impiego delle pesanti tavole. In questo modo, i pittori potevano dipingere opere di grandi dimensioni senza alcuna difficoltà al momento del trasporto, dal momento che potevano essere arrotolate e rimontate sul telaio agevolmente una volta giunte a destinazione.

Una volta predisposto il supporto, la tela era pronta ad accogliere la pittura. La preparazione del supporto pittorico poteva variare a seconda dell’epoca, ma era importante che la tela rimanesse elastica così che seccando il colore non si deteriorasse nel corso del tempo. La tela veniva preparata con un’imprimitura a base di oli e biacca, allo scopo di facilitare l’atto stesso del dipingere e di garantire una maggiore inalterabilità del risultato.

La tinta dell’imprimitura poteva, tuttavia, influenzare la resa finale del dipinto: nella fattispecie, nel Cinquecento e nel Seicento gli artisti solevano addizionare all’impremitura anche delle terre per ottenere una base di partenza già colorata e un risultato visivo più cupo e drammatico.

Nel Settecento i pittori usavano imprimiture di colore rosso scuro con il bolo armeno, per accentuare le ombre; nell’Ottocento invece si utilizzavano imprimiture più tenui e chiare, per conferire la luminosità nei vari elementi della composizione.

Dipinti a tempera su tavola

La pittura su tavola è stato il principale supporto delle opere pittoriche in Europa dall’antichità fino al Cinquecento, prima di venire quasi completamente sostituita dalla pittura su tela. La produzione prediletta per la pittura su tavola nel Medioevo era il polittico, impiegato perlopiù per decorare gli altari delle chiese. Il legno che possedeva le migliori caratteristiche per accogliere il film pittorico era quello di pioppo, per la sua trama compatta e le poche irregolarità. Il pioppo era usato soprattutto dai pittori italiani; mentre i pittori fiamminghi prediligevano l’abete o la quercia.

Come per la tela, anche la pittura su tavola richiedeva una preparazione minuziosa. La tavola veniva levigata e soltanto dopo aver ottenuto una base uniforme si andava ad eseguire l’imprimitura a base di gesso e di colla. Il gesso conferiva alla base un colore giallognolo, al quale poi si univano altri coloranti per ottenere il colore desiderato. L’opera veniva ricoperta in un secondo momento con una vernice protettiva, al fine di rendere i contrasti più vividi e i colori più brillanti, ma anche per preservarla nel tempo.

La pittura su tavola si presta bene ad accogliere le tempere, dove per “tempera” si intende un impasto cromatico ottenuto unendo il pigmento colorato con altri leganti come l’uovo, il latte di fico, oli, resine o altre sostanze solubili in acqua, per farla aderire al supporto.

La tecnica della doratura

La doratura è un processo di decorazione usato soprattutto nel Medioevo, realizzato tramite l’apposizione di un sottilissimo strato di oro, detto “foglia oro” o “a guazzo”, al fine di impreziosire l’opera pittorica. Nella doratura, lo strato di oro veniva steso sulla tavola prima dell’applicazione dei colori.

Il guazzo veniva quindi applicato su di un composto a base di acqua, uovo e bolo, che, una volta seccato, riemergeva sopra dell’oro, conferendogli un finish più caldo e rossastro. Soltanto dopo questo passaggio si poteva procedere con la pittura vera e propria, utilizzando tempere oppure oli. Terminata la tavola, il pittore procedeva con la brunitura delle parti in oro e ad arricchire il dipinto con ornamenti e decorazioni.

Il disegno

La diffusione della carta nel XIII secolo è stata una delle più grandi innovazioni della storia dell’arte: fino ad allora, infatti, il disegno preparatorio veniva eseguito in maniera diretta sul supporto con l’ausilio di appositi strumenti. Con l’impiego del cartone era possibile realizzare a parte un disegno a grandezza naturale dell’opera e riportarlo in un secondo momento, attraverso precise tecniche, sulla tela da dipingere.

La tecnica classica, definita “spolvero”, prevedeva la realizzazione di un primo disegno a carboncino sullo strato più superficiale d’intonaco, e una volta che il pittore era sicuro del suo lavoro, questo veniva accostato a un disegno tracciato con della terra d’ocra. In questo modo si riusciva ad eliminare facilmente il carboncino e, grazie all’utilizzo della terra rossa, il disegno a questo punto veniva ripassato.

Dopodiché il pittore forava con un ago i contorni del disegno definitivo, che veniva quindi posizionato sulla superficie da dipingere e tamponato con una busta di tela riempita con il carboncino: quest’ultimo, passando attraverso i fori del cartone, forniva al pittore una traccia da seguire, minimizzando di molto gli errori.

Questa operazione era particolarmente adoperata nel Quattrocento per la realizzazione degli affreschi e di opere di grandi dimensioni e veniva svolta a comparti stagni: il disegno veniva suddiviso in parti più piccole che poi venivano fissate in scala 1:1 e trasferite sulla tela. Così facendo il disegno veniva riportato con estrema facilità sulla superficie interessata.

I colori

L’origine dei pigmenti inorganici sintetici così come li conosciamo oggi può essere fatta risalire a metà Ottocento; prima di allora gli artisti per realizzare i colori si avvalevano di sostanze di origine naturali. L’invenzione del tubetto pieghevole per il trasporto del colore ad olio agevolò l’arte pittorica, permettendo ai pittori di dipingere di dipingere en-plein air e non più soltanto nel chiuso della propria bottega, permettendo loro di porsi a diretto contatto con il soggetto da immortalare.

Ciascun pittore aveva una ricetta personale per realizzare i colori; quel che sappiamo di certo è che venivamo usate sostanze di origine vegetale, minerale e animale, polverizzate e successivamente bollite o lasciate in posa. Se in età medievale la palette cromatica poteva arrivare a sfiorare le quattordicimila tonalità, nell’Ottocento la gamma pittorica diminuì drasticamente proprio in virtù dell’invenzione dei tubetti di stagno, ben più pratico e adatto a contenere e trasportare il colore già pronto per l’utilizzo.

Possedere una conoscenza basilare delle tecniche pittoriche è un’ottima soluzione per imparare a destreggiarsi nel complesso mercato dell’arte e dell’antiquariato. Come abbiamo visto, sono diversi i coefficienti che possono influire sulla quotazione finale di un’opera, dall’epoca di realizzazione, allo stile pittorico, all’importanza dell’autore o della bottega, fino allo stato di conservazione.

Per avere una valutazione dei dipinti antichi affidabile in vostro possesso il nostro consiglio è sempre quello di rivolgersi a dei professionisti del settore, che possono aiutarvi a valorizzare l’opera assegnandogli un valore di mercato realistico.

Ph. di anteprima: Coppia di Nature Morte, Seguace di Francesco Noletti (1600).


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